L’80% di ciò che credi su te stesso si è formato nei primi 7 anni della tua vita. Una statistica sorprendente, vero? Eppure, riflette una profonda verità psicologica che ho osservato innumerevoli volte nel mio lavoro come Counselor e Coach. Fin dai primi istanti di vita, il modo in cui veniamo accolti, amati e supportati dai nostri genitori o caregiver plasma la nostra autostima in modi che continuano a influenzarci anche da adulti.
Quante volte ti sei chiesto perché, nonostante i tuoi successi, continui a sentirti inadeguato? O perché quella voce critica nella tua mente sembra così familiare, quasi come se non fosse veramente la tua? La risposta potrebbe risiedere nelle tue prime esperienze di vita, in quei momenti formativi che hanno costruito le fondamenta della tua autostima.
L’imprinting emotivo dell’infanzia
Un bambino che si sente accettato e amato impara naturalmente a fidarsi di sé stesso. Ogni sorriso, ogni abbraccio, ogni parola di incoraggiamento diventa un mattoncino nella costruzione di un’autostima sana. È come se ogni interazione positiva lasciasse un’impronta che dice: “Sei prezioso, sei capace, meriti di essere amato per quello che sei.”
Ma cosa succede quando l’esperienza è diversa? Quando un bambino riceve costanti critiche, freddezza emotiva o addirittura rifiuto? Questi messaggi vengono interiorizzati con la stessa forza. Le parole che hai sentito da piccolo sono diventate la tua voce interiore – quella che ti giudica, ti critica, o ti fa dubitare delle tue capacità.
Nel mio percorso professionale, ho incontrato persone brillanti e talentuose che, nonostante le loro evidenti qualità, lottavano con un senso profondo di inadeguatezza. Esplorando insieme la loro storia, emergeva spesso un pattern comune: genitori ipercritici, esperienze di abbandono emotivo, o aspettative impossibili da soddisfare. Non erano loro a essere “difettosi” – stavano semplicemente portando il peso di messaggi ricevuti quando erano troppo piccoli per filtrarli criticamente.
Le voci del passato che condizionano il presente
Ti è mai capitato di sentirti dire che sei “troppo sensibile”, “troppo emotivo”, o “non abbastanza determinato”? Queste etichette, quando applicate ripetutamente nell’infanzia, non rimangono semplici parole. Diventano lenti attraverso cui vediamo noi stessi e interpretiamo il mondo.
Un esempio concreto: Sara, una mia cliente, manager di successo, si sentiva costantemente inadeguata nelle riunioni di lavoro, nonostante i feedback positivi dei suoi superiori. Lavorando insieme sul suo passato, è emerso che da bambina si sentiva costantemente ignorata dai genitori quando esprimeva le sue opinioni. Quella sensazione di “non essere abbastanza importante da essere ascoltata” si era trasformata in una convinzione profonda che influenzava il suo comportamento professionale decenni dopo.
È sorprendente come questi schemi inconsci possano influenzare le nostre scelte, le nostre relazioni e persino i nostri successi. Molte persone si auto-sabotano proprio quando sono sul punto di ottenere ciò che desiderano, perché a un livello profondo non credono di meritarlo. È la profezia che si auto-avvera dell’autostima compromessa.
Riconoscere i segnali di un’autostima danneggiata
Come puoi capire se le tue prime esperienze hanno compromesso la tua autostima? Ecco alcuni segnali rivelatori:
- Ti confronti costantemente con gli altri, sentendoti spesso inferiore
- Hai difficoltà ad accettare i complimenti e minimizzo i tuoi successi
- Tendi a essere perfezionista, con standard impossibili da raggiungere
- Ti risulta difficile esprimere i tuoi bisogni o stabilire confini sani
- La critica, anche costruttiva, ti ferisce profondamente
- Cerchi costantemente approvazione esterna
Se ti riconosci in questi segnali, non sei solo. Questi pattern sono comuni e, cosa più importante, possono essere trasformati con il giusto supporto e consapevolezza.
Riscrivere la tua storia: dall’auto-critica all’auto-compassione
La buona notizia – anzi, la notizia straordinaria – è che non sei condannato a ciò che hai vissuto nell’infanzia. L’autostima può essere ricostruita, anche da adulti. Il cervello mantiene una meravigliosa plasticità che ci permette di creare nuove connessioni neurali, nuovi pattern di pensiero e comportamento.
Il primo passo è la consapevolezza. Riconoscere che molti dei tuoi pensieri autodenigranti non sono “la verità” su di te, ma echi di esperienze passate. Quando quella voce critica si fa sentire, fermati e chiedi: “È davvero la mia voce, o sto ripetendo qualcosa che ho interiorizzato da bambino?”
Il secondo passo è praticare l’auto-compassione. Immagina di parlare a te stesso come parleresti a un bambino che ami – con gentilezza, pazienza e comprensione. Questa non è autoindulgenza, ma un potente strumento di guarigione che ti permette di ricostruire un rapporto sano con te stesso.
Nel mio lavoro di coaching, utilizzo spesso tecniche di mindfulness che aiutano a creare quello spazio tra stimolo e reazione, permettendo di interrompere i vecchi pattern automatici. Osservare i propri pensieri senza identificarsi completamente con essi è un’abilità trasformativa che può essere coltivata con la pratica quotidiana.
Strumenti pratici per rafforzare la tua autostima
Ecco alcuni strumenti che puoi iniziare a utilizzare oggi stesso:
- Diario dei successi: Ogni sera, annota tre cose che hai fatto bene durante la giornata, anche le più piccole. Questo contrasta la tendenza a focalizzarsi solo sugli errori.
- Riformulazione dei pensieri: Quando ti sorprendi in un pensiero auto-critico, fermati e riformulalo in modo più compassionevole e realistico.
- Confini sani: Inizia a dire “no” quando necessario, rispettando i tuoi bisogni e valori. Ogni volta che lo fai, stai dicendo a te stesso che sei importante.
- Celebra i piccoli passi: Non aspettare il grande traguardo per celebrare. Riconosci e festeggia ogni piccolo progresso nel tuo percorso.
- Circondati di supporto: Scegli consapevolmente di passare tempo con persone che ti valorizzano e ti incoraggiano, piuttosto che con chi ti critica o sminuisce.
Ricorda: non sei il bambino di ieri. Oggi puoi scegliere di darti valore, di trattarti con rispetto e di costruire un’autostima basata su una comprensione matura di chi sei veramente, al di là delle etichette e delle convinzioni limitanti del passato.
L’autostima come pratica quotidiana
Ciò che mi preme sottolineare è che l’autostima non è uno stato che si raggiunge una volta per tutte, ma una pratica quotidiana. Come un muscolo, si rafforza con l’esercizio costante e l’attenzione consapevole.
Ogni giorno hai decine di opportunità per rafforzare o indebolire la tua autostima attraverso il dialogo interiore che conduci. Osserva i pensieri con cui ti parli: sono tuoi o vengono dal passato? Sono costruttivi o distruttivi? Sono basati sulla realtà presente o su vecchie ferite?
Nel mio percorso personale e professionale, ho imparato che ciò che più conta non è tanto evitare completamente l’autocritica – sarebbe irrealistico – quanto sviluppare la capacità di riconoscerla e non lasciarsi travolgere da essa. È come imparare a surfare sulle onde emotive piuttosto che esserne sommersi.
La vera trasformazione avviene quando riusciamo a interrompere il circolo vizioso dell’autocritica e iniziare a costruire un circolo virtuoso di auto-accettazione. Ogni piccolo atto di gentilezza verso te stesso, ogni pensiero consapevolmente riformulato in chiave positiva, ogni momento di auto-compassione è un passo verso una nuova percezione di te.
L’autostima si costruisce. Sempre. Non importa quanto profonde siano le ferite del passato o quanto radicate le convinzioni negative su te stesso. Con impegno, consapevolezza e il giusto supporto, puoi imparare a trattarti con la stessa cura, lo stesso rispetto e lo stesso amore che avresti voluto ricevere da bambino.
E questa è forse la più grande forma di libertà: la capacità di riscoprire e nutrire il tuo valore intrinseco, indipendentemente dalle esperienze che hai vissuto.
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